Lavoro sempre più precario

“Il rendiconto sociale dell’Inps mostra due fronti ben distinti e antagonisti nella nostra regione, da un lato la Puglia precaria con lavoro instabile e salari bassi che continua a prendere spazio, dall’altro la Puglia che immaginiamo, una Puglia che cresce e genera benessere diffuso.
I dati sono chiari, aumenta il saldo occupazione, ci parlano di un mercato del lavoro ‘dinamico’, ma la tipologia di lavoro prevalente sono i contratti a tempo determinato. C’è poco da esultare: ad essere dinamico è solo il precariato, che genera, come diciamo da tempo, un popolo di lavoratori fantasma, poveri e senza prospettive.
Dobbiamo decidere da quale parte stare e dalla parte giusta dobbiamo esserci tutti: sindacati, istituzioni, imprese. Sono tre anni che l’Inps mostra questi dati che sono l’espressione di un trend ben preciso. Dobbiamo decidere dove vogliamo andare, se verso un Paese precario e stagionale o un Paese che cresce, dove sia possibile progettare un futuro e non dover essere costretti a emigrare verso realtà più attrattive.
Diminuiscono ancora le assunzioni a tempo indeterminato (-7.501 rispetto all’anno precedente) e a crescere sono i settori che per le loro caratteristiche intrinseche hanno stipendi più bassi e un’alta incidenza di lavoro nero come “Commercio, trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e ristorazione” (+10.222 occupati).
Continuano a crescere gli inattivi, che sono 1.080.000 (+25.000 rispetto al 2023), più di un quarto della popolazione, riflesso di una società che non crede più in questa regione, nella sua capacità di far crescere i suoi cittadini, di dargli autonomia e indipendenza attraverso un lavoro stabile e ben retribuito.
Un dato drammatico due volte se si pensa che due terzi di tutti gli inattivi sono donne. Ma sul lavoro femminile andrebbe aperto un capitolo a parte, nessuna politica o misura è riuscita a evitare la marginalizzazione delle donne nel mercato del lavoro. Portiamo un altro dato a testimonianza di ciò: il 56,6 delle donne che lavorano hanno un contratto part-time (contro il 24,8 degli uomini). È quasi impossibile conciliare i tempi di lavoro e vita privata con le regole attuali, vanno ripensate le modalità di lavoro, aumentata la flessibilità degli orari, disancorare il lavoro dalla permanenza in sede in quei settori dove è possibile.
Discorso analogo per i giovani, il 21,4% della popolazione di età tra i 15 ed i 29 anni non ha lavorato né ha seguito programmi di istruzione lo scorso anno. Una delle percentuali più alte d’Italia, peggio di noi solo Campania, Calabria e Sicilia. Un oblio perenne dal quale i giovani non vedono via d’uscita.
Il dinamismo del mercato del lavoro è solo fumo negli occhi, la Puglia ha un tasso di occupazione stabilmente al di sotto della media nazionale di oltre dieci punti percentuali 51,2 contro di 62,2 con la punta più bassa nella provincia di Taranto dove si raggiunge appena il 40,7% di occupazione. Un fallimento completo nelle politiche del lavoro incapaci di generare benessere e stabilità economica per i pugliesi. I numeri sensazionalistici dei giorni scorsi non riescono a nascondere lo stato delle cose. Abbiamo un tasso di disoccupazione pari al 9,3% contro il 6,5% dell’Italia che raggiunge nel foggiano il 16%. La ricchezza, se cresce, non è per tutti” dichiara Stefano Frontini, segretario organizzativo Uil Puglia.