Accordo di programma ex Ilva, le dichiarazioni di Uil-Uilm

Si è svolto questa mattina l’incontro convocato dalla Presidenza della Regione Puglia con le organizzazioni sindacali, alla presenza delle istituzioni locali e delle associazioni datoriali sullo stato delle discussioni in atto inerenti l’accordo interistituzionale per la decarbonizzazione dello stabilimento ex Ilva di Taranto.
“Abbiamo ribadito quanto surreale sia stato l’incontro del 27 giugno scorso con il Ministro Urso. In quella sede, infatti, venivano quasi posti una serie di aut aut alle organizzazioni sindacali su potenziali chiusure irreversibili del sito, sebbene le stesse organizzazioni non siano firmatarie dell’accordo in quanto riservato a ministeri e istituzioni. Abbiamo sottolineato altresì che non saremo spettatori di scelte che hanno un impatto nei confronti di migliaia di cittadini pugliesi che sono dipendenti di Acciaierie d’Italia, di Ilva in As e del sistema degli appalti”.
Lo dichiarano il segretario generale della Uil Puglia Gianni Ricci e il segretario generale della Uilm Taranto Davide Sperti.
“Comunque, l’aspetto più incredibile e per certi versi anche un po’ bizzarro, è che da dopo l’incendio all’altoforno 1 del 7 maggio scorso, ci viene prospettato l’accordo di programma come unica soluzione e come passaggio preliminare e fondamentale al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale per la fabbrica. Prima non si era parlato mai dell’accordo di programma, se si escludono incontri risalenti a gennaio 2023 dove veniva proposto un fantomatico accordo che tratteggiava gli stessi argomenti (separati dall’Aia) per forzare sull’iniezione di liquidità (altri 680 milioni di euro) che allora venivano ingiustamente erogati per decreto alla gestione privata di Acciaierie d’Italia senza che lo Stato contasse nulla nella gestione. Da allora, questo tema è emerso solo dopo l’incendio che ha di fatto condizionato il piano di ripartenza condiviso nel 2024. Ecco perché, per quanto ci riguarda, vediamo nitidamente il tentativo di scaricare le sorti del rilancio dello stabilimento di Taranto, ma anche della sua continuità operativa, su altre realtà”.
“Prima come Governo hanno tentato di velocizzare la privatizzazione accelerando già dall’estate del 2024 con un bando di gara senza che ci fossero le condizioni. Al di là degli slogan, infatti, la privatizzazione non era strada percorribile e non lo è a maggior ragione in questo momento. Non solo per la questione AIA, ma perché il mercato è condizionato da tanti fattori: le incertezze economiche generali, i dazi dell’amministrazione americana, la sovraproduzione di acciaio della Cina, le tensioni innescate dai vari focolai di guerra rendono la negoziazione con qualsiasi potenziale investitore estremamente debole”.
“Dopo il tentativo di scaricare la vicenda sul mercato, si è cambiato obiettivo: prima la Procura, che a seguito dell’incendio ha sequestrato l’altoforno, ed ora gli enti locali chiamati a decidere sull’accordo di programma. Solo lo Stato può garantire davvero la continuità e la conciliazione tra indirizzo ambientale, produttivo ed occupazionale accelerando la decarbonizzazione. Non sta a noi decidere gli strumenti, ma se tutti vogliamo la decarbonizzazione dell’ex Ilva è chiaro che vanno costruite le soluzioni migliori e i percorsi migliori volte all’approvvigionamento e al rifornimento di acqua e gas. Se non c’è la volontà neanche di discutere nel merito ascoltando legittimamente anche le istituzioni locali che hanno mostrato durante l’incontro odierno voglia di collaborare per giungere all’intesa con le modifiche di merito da apportare, allora il dubbio forte è che si cerchi un pretesto per liberarsi della questione Taranto”.
“Poniamo, quindi, un altro tema di cui al momento non c’è traccia, ovvero la necessità di accompagnare con un piano sociale questa delicata fase. Abbiamo già chiesto mesi fa alla commissione sanità della Regione Puglia di attivarsi nel promuovere screening sanitari sui lavoratori esposti al fine di tutelarne la salute e ci riferiamo soprattutto all’amianto oltre che ad altri agenti cancerogeni. Abbiamo poi chiesto nuovamente di istituire un tavolo interistituzionale volto a chiedere congiuntamente al governo di ripristinare la legge sui prepensionamenti dovuti proprio all’esposizione all’amianto. C’era ed era operativa sino a qualche anno addietro, ma i lavoratori continuano ad essere esposti, tanto più che le patologie derivanti dall’amianto e ad esso correlate hanno tempi di incubazione e latenza lunghi. Infine, chiediamo misure come il riconoscimento del lavoro dell’unico sito a ciclo integrale rimasto in Italia come “usurante” per attivare i prepensionamenti dovuti e gli incentivi all’esodo agevolato e anticipato in modo che a favore dei lavoratori si possa approntare una gamma di strumenti di tutela e di protezione basati sulla giustizia sociale. Occorre una legge speciale in tal senso perché è necessario dare finalmente risposte a migliaia di persone che hanno pagato il prezzo più alto in tredici anni di vergognosa vicenda “strategica” nazionale”.