Busto: 2021 e l’opportunità da non disperdere

L’impressione è che l’anno che verrà, almeno nel suo principio e così come il 2020 che ci sta per lasciare, assomiglierà tanto a quello cantato da Lucio Dalla: si uscirà poco la sera, compreso quando è festa. Stavolta non per metafora artistica, ma per decreto, almeno finché il tanto atteso vaccino non avrà una copertura così ampia da trasformare la pandemia in un brutto ricordo.

Ed è proprio questo il punto sul quale da settimane il sindacato, la Uil, a tutti i livelli, sta battendo con insistenza, quasi con ossessione. Forse nessuno se ne è accorto, ma le prospettive, e con esse le priorità, stanno cambiando: quella che fino a poco tempo fa era l’incognita, ovvero la possibilità di sconfiggere il Covid, sta diventando sempre più una certezza, mentre il vero punto interrogativo è se l’economia italiana riuscirà a riprendere a marciare come prima.

E’ solo una questione di tempo, ma la scienza prevarrà sul virus e quando rimetteremo il naso fuori dalle nostre abitazioni alla ricerca della vecchia vita potremmo ritrovarci circondati da macerie. Lo ha ammesso la stessa Inps: i numeri della Puglia sono da economia di guerra, non è prorogabile la messa a punto di un piano Marshall 4.0 che bilanci i danni occupazionali leniti dal blocco dei licenziamenti che scadrà a marzo.

Rispetto al piano Marshall originale abbiamo però un vantaggio e non da poco: poter decidere con relativa autonomia gli interventi da mettere in campo. Le risorse, mai come questa volta, ci sono e sono di entità epocale, a patto però che non vengano stanziate per provvedimenti spot e misure “a pioggia”, buone solo a conquistare consenso spicciolo e a breve termine, ma non a impostare le basi per una ripresa economica.

Le nostre proposte sono chiare: investimenti mirati, innanzitutto per efficientare la sanità e la pubblica amministrazione (compreso il rinnovo dei contratti e le nuove assunzioni, perché checché ne dica Confindustria, senza denari nella tasche dei lavoratori i consumi non decollano). E poi per avviare per davvero un processo di modernizzazione, digitalizzazione e innovazione del tessuto produttivo regionale, per costruire infrastrutture immateriali per il sostegno a chi è in difficoltà e materiali per ricollegare il territorio ai mercati che contano, rendendolo attrattivo per i grandi capitali, italiani ed esteri.

Eppure, l’atteggiamento delle istituzioni sembra ancora condizionato dalle regole anti-Covid, con la Regione troppo spesso rinchiusa in un autoisolamento che, anche con una pandemia in corso, non è sempre la scelta più saggia, specie se sfocia in un decisionismo sordo alle proposte delle parti sociali. 

Parafrasando nuovamente Lucio Dalla, l’anno che sta arrivando tra un anno passerà, il sindacato si sta preparando, e questa non è una novità. Siamo di fronte al più grande cambiamento del nostro tempo, ma sarebbe il caso che lo capissero tutti, politica in testa. Un’occasione così, per ridisegnare il nostro futuro, potrebbe non capitarci più. 

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