Stipendi ancora troppo bassi, ripartire dal rinnovo dei contratti

“Gli stipendi dei lavoratori sono troppo bassi in Puglia, in qualunque ordine e grado, 10,24 euro lordi l’ora per un lavoratore che ha la licenza elementare o media non consentono una vita dignitosa. L’articolo 36 della Costituzione italiana sancisce che la retribuzione non solo dev’essere proporzionale alla quantità e qualità del lavoro svolto, ma deve in ogni caso essere sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Noi guardiamo alla carta costituzionale come un faro, per questo quando ci parla di fissare un salario minimo non possiamo che dire che questo salario deve corrispondere al salario minimo contrattuale”.

Questo naturalmente non può bastare, “dobbiamo rimettere nella disponibilità delle persone i soldi e per farlo dobbiamo rivedere i contratti, rinnovare i contratti collettivi nazionali per quei sette milioni di lavoratori in attesa, tagliare il cuneo fiscale, detassare gli aumenti contrattuali e decontribuire i premi di produttività per consentire ai lavoratori di recuperare il potere d’acquisto dei loro salari, rilanciando poi i consumi e quindi l’intero sistema economico” sostiene il segretario organizzativo nazionale e commissario straordinario Uil Puglia, Emanuele Ronzoni. 

Inoltre la constatazione che la Puglia ha una delle forbici più basse d’Italia tra chi ha una licenza elementare/media e chi ha una laurea, appena 1,89 euro lordi “dimostra che la situazione è generalizzata e non è procrastinabile. Siamo ampiamente al di sotto della media nazionale in ognuna delle province, seppur con le debite differenze”.

Si conferma un livello salariale delle lavoratrici più basso di quello dei lavoratori “la Regione Puglia grazie anche al sostegno del sindacato ha approvato una legge sulla parità salariale, seconda regione d’Italia. Ma per generare una inversione di tendenza deve vigilare affinché questa norma sia applicata e non resti una dichiarazione d’intenti”.

Infine, una considerazione sulle pensioni, la cui rivalutazione “è ancora ferma al palo da anni, rendendole di fatto inadeguate a fronteggiare l’inflazione e le conseguenze della crisi economica”.

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