In Puglia è sorpasso: più pensionati che lavoratori attivi

“La Puglia è una regione senza prospettive di crescita, si è ormai verificato il sorpasso tra pensionati e lavoratori. La gravità della situazione è inspiegabilmente sottostimata dal governo regionale e nazionale, non esiste una visione di lungo periodo. Il sistema economico e sociale si regge sul lavoro di 1,2 milioni di persone, sull’altro piatto della bilancia ci sono quasi 1,5 milioni di pensionati ai quali si aggiunge una disoccupazione che sfiora il 12%, i neet pari al 23,6% e lavoro nero e irregolare al 16,1%” denuncia Gianni Ricci, segretario generale della Uil Puglia.

“Il sistema è al collasso, non è più in grado di reggersi sulle sue gambe. Le politiche regionali, così come quelle nazionali, dovrebbero concentrarsi sul lavoro e sulle prospettive di crescita del benessere collettivo. Già la decisione del Governo di rimodulare i fondi europei e quelli legati al Pnrr, ci ha fatto perdere un’occasione unica per colmare le mancanze e i limiti della nostra regione. Sistema economico e sociale sono correlati e l’economia non può essere sostenuta senza le politiche attive del lavoro. È tutto interconnesso,  se le famiglie hanno una buona qualità di vita, legata alle possibilità lavorative e al potere d’acquisto dei loro salari, cresce l’economia dell’intera regione e ne beneficia quindi anche il sistema sociale. Un saldo negativo tra lavoratori e pensionati è il preludio al collasso dell’intero sistema e questa criticità riguarda tutte le province pugliesi: Lecce è all’ultimo posto nella classifica nazionale redatta dalla Cgia di Mestre con un saldo negativo di 97mila pensionati in più rispetto ai lavoratori, Bat è 63esima con un saldo negativo di 7mila unità, Brindisi è  69esima con un saldo negativo di 10mila unità, Bari è 83esima con un saldo negativo di 18mila unità, Foggia è 99esima con un saldo negativo di 37mila unità e Taranto è 101esima con un saldo negativo di 57mila unità. Nelle pieghe di questi numeri si nascondono le sacche di lavoro nero e irregolare che alimentano un sistema malato ed è su quelle che dobbiamo intervenire. Più controlli nelle aziende, verifiche sull’applicazione dei contratti collettivi, formazione per qualificare maggiormente il lavoro e politiche di rimozione degli ostacoli all’accesso nel mondo del lavoro per donne e giovani che sono i più penalizzati.

Una situazione destinata a peggiorare se non facciamo nulla ora. Entro il 2027, in tutto il Paese andranno in pensione circa 3 milioni di lavoratrici e lavoratori, siamo già in ritardo, i danni di una mancata programmazione delle immissioni al lavoro è sotto gli occhi di tutti, basta guardare alla sanità dove il sistema ha arrancato durante la pandemia quando si è chiesto ai pensionati di tornare al lavoro e arranca ancora oggi con liste di attesa per visite specialistiche, fuori controllo. In sanità, come in tutti gli altri settori è necessario un piano straordinario di assunzioni che riequilibri la bilancia. È necessario far sentire la nostra voce, è il tempo della mobilitazione. Chi ci governa non può far finta di non vedere i problemi né continuare con false promesse. Occorre agire presto e bene” conclude Ricci.

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