Crolla l’industria

“Crolla l’industria in Puglia e sempre più lavoratrici e lavoratori sono a rischio di perdere il posto di lavoro. Il valore aggiunto reale dell’industria è diminuito di quasi un quinto nella regione, 19,3%, più del doppio del valore medio nazionale (8,4%) . Una crisi che ha origini lontane stando all’ultimo rapporto della Cgia di Mestre che fotografa un settore incapace di rialzarsi dai quattro momenti di crisi degli ultimi 15 anni: la recessione del 2008-2009, la crisi dei debiti sovrani 2012-13, la pandemia 2020-2021 e la guerra in Ucraina 2022. Ai quali si aggiunge il conflitto israelo-palestinese che si sta allargando a macchia d’olio e i cui effetti stanno iniziando a vedersi anche qui da noi. In Puglia, lo denunciamo da tempo, tutte le grandi industrie sono in affanno, Ne citiamo tre: l’ex Ilva che su 10.065 addetti ha 1.700 lavoratori coinvolti nella crisi, senza contare le imprese dell’indotto, fortemente in affanno, che continuano a chiedere la cassa integrazione per i loro dipendenti. La Marelli Europe, dove sono potenzialmente a rischio i 500 lavoratori che producono componentistica endotermica su un totale di 1100 addetti, che se non riqualificati potrebbero perdere il posto di lavoro. La Bosch dove 8 collaboratori su 10 effettuano tra i 10 e i 12 giorni di cassa integrazione al mese” affermano Andrea Toma, segretario regionale con delega all’industria e  Gianni Ricci, segretario generale della Uil Puglia.

Analizzando i dati diffusi dalla Cgia di Mestre risulta che la provincia più in difficoltà è Brindisi dove il valore aggiunto del settore manifatturiero è crollato del 14,3% (dal 2007 al 2021) e Bari che pur essendo il fulcro dell’industria in Puglia (26esima provincia italiana per valore aggiunto) non ha ancora raggiunto i livelli pre-crisi, fermandosi ad un -1,6%. Crescono le altre province, ma il loro valore è ancora marginale, così il loro contributo non riesce a portare a quella inversione di tendenza che porterebbe l’industria fuori da questa crisi quindicennale.

“Le industrie sono sempre più deboli e i lavoratori sempre più poveri e privati di una prospettiva a lungo termine. Tra chi perde il lavoro e chi è a rischio, vivono tutti una situazione di incertezza che gli impedisce di fare scelte di vita di lungo periodo. La prospettiva è di vivere giorno per giorno e questo si riversa non solo sulla qualità della loro vita, ma sull’intera economia. È una spirale che si autoalimenta. Se i lavoratori stanno male, la società intera sta male, così come  l’economia e di conseguenza l’intero Paese. In questo delicato momento non vediamo un impegno concreto da parte della Regione Puglia per arginare l’impatto di questa crisi, né la volontà di operare sinergicamente facendo fronte compatto. Chiediamo politiche attive del lavoro volte a riqualificare quei lavoratori che saranno coinvolti nella transizione ecologica, che non è solo ciò che ci chiede l’Europa, ma è un cambiamento ormai consolidato. Basti pensare che i settori più in crisi sono quelli tradizionali: raffinazione del petrolio (-38,3 per cento). Legno e carta (-25,1 per cento), la chimica (-23,5 per cento), le apparecchiature elettriche (-23,2 per cento), l’energia elettrica/gas (-22,1 per cento), i mobili (-15,5 per cento) e la metallurgia (-12,5 per cento). Non possiamo aspettare che le industrie chiudano prima di preoccuparci del futuro delle lavoratrici e dei lavoratori. Dobbiamo accompagnarli ora verso il cambiamento” concludono Toma e Ricci.

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