Lavoratori sempre più precari

“Se cresce la platea delle lavoratrici e dei lavoratori non possiamo che esserne contenti, significa che il benessere diventa diffuso, ma se oltre l’80% dei contratti attivati lo scorso anno sono a tempo determinato, vuol dire che c’è un problema e che non c’è da esultare. Vorremmo che non ci si limitasse a fare proclami di parte per intestarsi una vittoria che in realtà non esiste. I dati non sono opinabili, ma scegliendo di fare luce solo su parte di essi si manipola la verità. Andando più in profondità si scopre che quasi un quarto di quei contratti ha una durata compresa tra 1 e tre mesi e che uno su cinque dura meno di 30 giorni, solo l’8,9% ha una durata superiore all’anno. Non esiste stabilità e alcuna prospettiva con questi contratti. Non si può parlare di miglioramento della qualità della vita delle persone né di una economia florida e in crescita. Il rapporto annuale sulle comunicazioni del ministero del lavoro parla di 39.657 contratti di lavoro trasformati da determinato a indeterminato ma dice al contempo che rappresentano appena il 5,3% di quelli complessivi attivati. Solo il 7,6% dei contratti attivati lo scorso anno è a tempo indeterminato, una inezia che non migliora per nulla la condizione complessiva del mercato del lavoro che è, in Puglia, rigido ed obsoleto nelle sue forme e modalità di esecuzione. Lo dimostra un ulteriore dato, tra i contratti a tempo determinato attivati – che ricordiamo sono la stragrande maggioranza – quasi uno su dieci termina con le dimissioni volontarie del lavoratore. Un chiaro segnale di come il lavoro per essere attrattivo debba adeguarsi alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, così come avviene nel resto d’Europa, recependo le buone pratiche messe in atto altrove. Come in Spagna dove sono stati aboliti i contratti a tempo determinato, tranne che per gli eccessi di produzione” afferma Gianni Ricci, segretario generale Uil Puglia.

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