Dati Svimez impietosi, in atto una desertificazione produttiva e occupazionale

“Contro un processo di desertificazione socio-economica, che rischia di diventare irreversibile, come quella che ha evidenziato Svimez, c’è solo un rimedio: il lavoro, l’unica cura in grado di restituire dignità e di rilanciare un territorio come il Mezzogiorno e come la Puglia che altrimenti sono destinate a un lento, ma inesorabile processo di consunzione”.

Lo dichiara Franco Busto, Segretario generale della UIL di Puglia, a seguito della presentazione del Rapporto Svimez 2018 su economia e società del Mezzogiorno.

“Entro il 2065 – continua Busto – la Puglia rischia di perdere oltre un milione di abitanti, simbolo di un tessuto economico che costringe le proprie eccellenze e i giovani a cercare fortuna altrove. Significa che questa terra, così come tutto il Sud in generale, non è più attrattivo per investimenti importanti in grado di stimolare nuovi processi produttivi, sana e duratura occupazione e, conseguentemente, una ripresa dei consumi attualmente ferma allo zero virgola e che, secondo le previsioni della Svimez, è destinata addirittura a peggiorare nei prossimi due anni”.

Secondo Busto, i motivi dell’allarmante situazione pugliese e meridionale messa in luce dalle statistiche è dovuta “a molteplici fattori”, ma il Segretario regionale della UIL si concentra in particolare su tre aspetti.

“Vanno rafforzati i servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro, e contestualmente snellita la burocrazia, che continua a stritolare tante iniziative imprenditoriali che invece potrebbero portare ossigeno e risorse al territorio. Basti pensare alle tante opere pubbliche e ai tanti cantieri pubblici e privati fermi a causa di mille cavilli amministrativi o ancora ostaggio, da anni, del perverso sistema dei ricorsi e dei contro ricorsi. Strettamente legato al problema della burocrazia, è quello della spesa dei fondi comunitari, dove tra i vari Governi che sembrano aver cancellato il Mezzogiorno dalle loro agende e le istituzioni locali che spesso tendono a impegnare tali risorse mirando più alla quantità della spesa che alla qualità, siamo messi molto male. Qualcuno sa quale è stata la ricaduta occupazionale della spesa dei fondi UE? A quanto ci risulta, bassissima. Infine, c’è la questione sicurezza: dall’agricoltura all’edilizia, passando per tanti altri settori trainanti della nostra economia, il malaffare continua a insinuarsi, creando barriere d’ingresso alla sana imprenditoria e alla sana occupazione. I controlli delle forze dell’ordine e gli interventi della magistratura, pur puntuali, da soli non bastano. Bisogna creare le condizioni economiche e culturali che non lascino spazio alle infiltrazioni dell’illegalità“.

Un breve passaggio, Busto lo dedica alla formazione e all’istruzione. “Non c’è futuro senza una classe dirigente capace. Eppure da Roma i fondi per le università locali, pure tra le migliori del Paese, vengono erogate con il lumicino. Per tacere della scuola, luogo della formazione e del futuro per eccellenza, umiliata a svilita anno dopo anno, costretta a convivere con un deficit di corpo docente inconcepibile e con strutture fatiscenti”.

In conclusione, Busto rivolge un pensiero all’Ilva. “Mentre il territorio continua ad agonizzare, c’è ancora qualcuno che blatera di una fantomatica chiusura del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, che garantisce un reddito a quasi ventimila famiglie. Siamo oltre l’autolesionismo. Salute, tutela ambientale e lavoro possono, anzi devono convivere. Si chiuda quanto prima la partita relativa al piano industriale, ambientale e occupazionale dell’azienda e si cominci finalmente a percorrere un cammino virtuoso, lasciando da parte rancori e sterili battibecchi politici”.

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